Storie di donne che sono uscite dal labirinto della violenza
Non gli interessava più niente di noi
Shanti è una giovane donna di 27 anni, arrivata a Milano dall’India subito dopo esser stata presa in moglie, ventunenne, da un connazionale che abitava da tempo in Italia. Con grande sofferenza di Shanti, questo matrimonio si rivela ben lontano dall’ideale: l’uomo, deluso dalla nascita di sole figlie femmine, tiene la donna e le bambine in condizioni di violenza ed indigenza. Nel 2020, quando il COVID-19 blocca la sua attività commerciale, torna al Paese, lasciando moglie e figlie senza soldi e senza cibo, in una casa sprovvista di luce e gas.
“L’ho chiamato per chiedere aiuto, ma ha detto che non gli interessava niente di noi” (Shanti).
La casa rifugio
Quando, qualche mese dopo, lui annuncia il proprio imminente rientro in Italia, Shanti ha paura che possa far loro altro male. Tramite una vicina, si rivolge allora ai servizi sociali ed entra nel progetto dedicato alle donne vittime di maltrattamento, allo scopo di proteggerle e dar loro la possibilità di costruire un futuro diverso per sé e per i propri figli.
A fine maggio Shanti e le sue due bimbe, di 3 e 5 anni, arrivano, quindi, nella nostra Casa Rifugio.
“La nostra è una casa che ospita donne come Shanti nella prima fase del loro progetto.
Il primo obiettivo è farle sentire accolte e al sicuro. Per questo conta avere a disposizione uno spazio bello e confortevole, in un posto tranquillo.
Un’accoglienza capace di custodire e fatta con cura passa poi da piccole attenzioni, come il kit di benvenuto con qualche genere di prima necessità, un quaderno, una penna, dei colori, un cioccolatino, e un biglietto di ben arrivata fatto trovare in un angolo del letto preparato per ciascuna nuova ospite. E poi il quotidiano immancabile ‘come stai?’, chiesto perché vali, e ci teniamo che tu qui possa stare il meglio possibile.
Parte così la costruzione di una relazione di fiducia con le donne, perché ciascuna si senta libera di condividere quanto vuole di sé, sapendosi supportata.
Mentre viviamo fianco a fianco con loro parte della quotidianità domestica, ci troviamo allora ad accogliere frammenti delle loro storie, e delle loro lacrime. Ma, se il dolore resta, d’altra parte, le nostre donne sono soprattutto donne coraggiose e piene di vita. Pian piano, si liberano i sorrisi e si risvegliano le loro risorse… Le vediamo fiorire!
Molte volte basta dar loro uno spazio di accoglienza come questo perché davvero possano cominciare a riprendersi in mano la propria vita” (educatrice di Casa Zoe).
Non sono stata più sola
Nei mesi trascorsi a Casa Zoe, Shanti ha imparato ad andare in bicicletta, ha coccolato i nostri palati con la sua cucina, ha organizzato giri di corsa e sessioni di risveglio muscolare per le altre ospiti, si è presa cura di sé e di questa casa realizzando fiori di carta, gioielli e altri oggetti decorativi, con la fervida creatività e l’eccezionale manualità che la contraddistinguono. Le sue bimbe, all’inizio aggrappate alla mamma, hanno mosso i primi passi nelle relazioni con loro coetanei e cominciato a scoprire di poter svolgere attività tutte loro: entusiasmante il corso in piscina!
“Abbiamo fatto insieme il primo pezzetto di strada. A distanza di qualche mese, ci sono le premesse perché il loro percorso possa continuare in un’altra comunità, dove le accompagneranno più a lungo, verso l’autonomia” (educatrice di Casa Zoe).
“In Casa Zoe ho trovato tante sorelle. Non sono stata più sola” (Shanti)